24/11/2018
Le ricordiamo con Maria Vittoria Zuncheddu nel giorno contro la violenza sulle donne istituito dalle Nazioni Unite
Oggi ricorre la Giornata contro la violenza sulle donne che ricordiamo è una ricorrenza che è stata istituita ormai quasi 20 anni fa – esattamente il 17 dicembre 1999 – dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite tramite la risoluzione 54/134. Tema molto caro al nostro Segretario Generale Regionale ALBERTO Farina che ha deciso di condividere nelle righe che seguono il bellissimo articolo della fnp del Medio Campidano, ad opera della coordinatrice donne territoriale MariaVittoria Zuncheddu, sulla poco nota morte di 11 donne nel 1871 nella miniera di Montevecchio.
Lo sapevate che la miniera è stato un luogo dove la presenza delle donne italiane è sempre stata considerevole?
C'è poco di mio come potete leggere e vedere dappresso, ho solo cercato di far emergere dal fondo queste donne e a volte anche bambine, meravigliose, spesso ieri come oggi dimenticate: "...finchè c'è una donna che piange per i suoi diritti calpestati è obbligatorio non tacere."
"Miniera, sostantivo femminile in un mondo solo apparentemente di esclusiva pertinenza maschile. L'importanza delle donne, dentro e fuori il cosmo dell'attività estrattiva, è sempre stato considerevole. Ci viene raccontato in tutta la sua importanza nelle storie riguardanti le cernitrici, protagoniste della vita mineraria di Montevecchio e dell'adiacente comune di Guspini e più avanti negli anni con le donne vittime sempre del lavoro in miniera di Buggerru. Luoghi dove la protesta operaia ha vissuto momenti significativi, di cui rimangono memorie non solo nelle parole dei protagonisti, ma anche in canti di lotta registrati a trecento metri di profondità durante le occupazioni e mai ascoltati in precedenza, in pellicole cinematografiche, in libri.
«Era il pomeriggio del 4 maggio 1871. Al cantiere di Atzuni, nella miniera di Montevecchio, un gruppo di donne e di bambine camminavano verso un capannone con lo sguardo a terra, annichilite dalla stanchezza. Avevano spaccato e insaccato pietre per tutto il giorno con mani ormai ruvide e callose. L'avevano fatto, come sempre, sin dall'alba, in rigoroso silenzio.Il “caporale” non tollerava che si chiacchierasse e la punizione sarebbe costata l'intera paga di una giornata. Il ricatto del pane. Un costo troppo caro per chi lavora per sopravvivere.
Trascinavano le loro esistenze dentro abiti ruvidi e consunti, svuotate da una fatica che annientava ogni slancio di vita. La strada per tornare a casa era molto lunga. Ogni giorno arrivavano da Arbus e Guspini a piedi. Erano donne disperate. Vedove di minatori, mogli con troppi figli da sfamare lasciati a casa ad accudirsi tra loro, bambine di famiglie in cui l'infanzia finisce il giorno in cui si è in grado di rispondere agli ordini dei capiservizio».
«Se dopo le otto, dieci ore la stanchezza impediva di tornare a casa, si poteva restare al cantiere e riposare sulle brande, dentro dormitori senza servizi igienici né alcun tipo di confort – racconta Iride Peis Concas che nel suo libro “Donne e Bambine nella miniera di Montevecchio” (Pezzini editore) ha ridato un nome e un volto a quelle donne che la storia e la memoria popolare aveva cancellato troppo presto, relegando all'oblio le loro esistenze come se i fatti accaduti fossero routine - Quel pomeriggio erano trenta le donne e le bambine che rimasero nel cantiere a riposare sui giacigli. Sopra il dormitorio c'era una grossa vasca d'acqua che serviva per lavare i minerali, si ruppe e fece crollare il tetto. Morirono 11 donne. La più anziana, Rosa, aveva cinquant'anni e la più giovane era una bambina di undici, Anna».
L'Archivio Storico Minerario IGEA, attraverso i suoi 25.897 faldoni, 2.500 immagini, 2.582 documenti, migliaia di cartografie, disegni e un numero incalcolabile di materiale cartaceo, racconta questa e centinaia di altre storie delle vite che hanno gravitato attorno alle miniere, rivelando una presenza femminile poco nota, ma così forte da ridisegnare l'immaginario collettivo che vuole le miniere un luogo popolato solo da uomini.